Nella consueta diretta del Venerdì il governatore non ha proferito parola sulle inchieste che hanno portato agli arresti del Presidente della Provincia di Salerno, Franco Alfieri, e all’iscrizione nel registro degli indagati del suo uomo in terra di Lavoro, Francesco Zannini. Un silenzio a cui fanno da contraltare gli strali dei colonnelli del Nazareno. Il terzo mandato, oggi, appare una chimera
Nemmeno una parola o un timido accenno. Vincenzo De Luca non si è smentito e nel corso della consueta diretta del venerdì non ha ritenuto di fare alcun riferimento alle vicende giudiziarie che hanno travolto due pilastri del suo sistema di potere. Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum e presidente della provincia di Salerno, arrestato per corruzione. Giovanni Zannini, consigliere regionale del gruppo De Luca Presidente, campione di preferenze e riferimento di un esercito di amministratori in terra di lavoro, indagato per corruzione e concussione. Il governatore ha parlato di qualsiasi cosa, di autonomia e occupazione, ha attaccato il governo e si è limitato ad affermare che la sua Campania sdarebbe un modello in Italia per trasparenza e legalità. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Sullo sfondo si registrano per un verso le deliranti prese di posizione del Pd salernitano a difesa di Alfieri, ma soprattutto le dichiarazioni dei colonnelli di Elly Schlein in Campania, da Sarracino a Ruotolo, che invece convergono nel sottolineare la gravità dei fatti emersi e chiudono ogni spazio all’ipotesi terzo mandato per De Luca. Il cui silenzio, nel contesto dato, suona più come una confessione di impotenza, ovvero come il tentativo di scommettere sulla memoria, notoriamente breve, dell’elettorato. E dunque sulla debolezza di un centrodestra che invece avrebbe tutto lo spazio per passare all’attacco, per indicare una rotta alternativa al popolo campano.