Pubblicato il 23esimo rapporto Inps. Spesa maggiore al Nord rispetto al Sud, dove prevalgono i sussidi. L’importo medio nella nostra regione è di 1207 euro, a Milano e dintorni di 1409. Drammatici i dati sul divario di genere
In Campania le pensioni sono mediamente inferiori di 200 euro rispetto a quelle lombarde. Il dato emerge dal XXIII rapporto annuale presentato dall’Inps. Nel Mezzogiorno i pensionati sono meno di quelli del Nord e percepiscono importi nettamente più bassi. Inoltre se al Nord le pensioni sono più cospicue al Sud la maggior parte della spesa è concentrata in servizi assistenziali o di sostegno al reddito.
Andando ai numeri il 47% degli oltre 15,5 milioni di pensionati risiede in Italia Settentrionale mentre nel Mezzogiorno vive solo il 31% dei beneficiari dei servizi di previdenza. In tale quadro se al Nord la pensione media raggiunge quasi i 2 mila euro lordi mensili, nel Mezzogiorno si ferma a 1.500 euro.
Venendo alla Campania l’importo medio lordo pensionistico è di 1.207 euro, nettamente inferiore ai 1.439 euro della Lombardia. Ma il divario è anche di genere. Una pensionata campana, se si tiene conto solo delle pensioni anticipate, vecchiaia e invalidità, raggiunge in media un importo mensile lordo di circa 1.200 euro, quasi 300 euro in meno di un suo omologo maschio campano e circa 700 euro in meno rispetto ad un pensionato lombardo. Se poi si valutano insieme sia i trattamenti previdenziali che quelli assistenziali il lordo della pensionata campana scende addirittura a 695 euro mensili, uno dei valori più bassi d’Italia.
La nostra regione guida invece la classifica dei percettori del «Supporto per la Formazione e il lavoro», la misura con la quale il governo Meloni ha sostituito il Reddito di cittadinanza. Oltre il 78% dei beneficiari vive al Sud e il 28% è campano. Un dato che diventa ancora più significativo nel descrivere il divario tra Nord e Sud, se si calcola che la nostra regione è seguita, nella percentuale di percettori, da Sicilia (18%), Puglia (12%) e Calabria (11%). Nelle 4 principali regioni meridionali risiede, dunque, il 69 per cento dei nuclei familiari che beneficiano della misura.
Dati che certificano il drammatico divario tra Nord e Sud dinanzi ai quali appare ancora più evidente quali devastanti conseguenze potrebbero essere determinate dalla riforma Calderoli senza la preventiva definizione dei livelli essenziali di prestazione.