Applicando l’innovativa tecnica dell’optofarmacologia, è stato possibile scoprire come farmaci antidolorifici sperimentali abbiano effetti diversi in base alle aree cerebrali nelle quali vengono attivati.
Molecole ad azione farmacologica che possono essere attivate o disattivate da un raggio di luce. È così che la frontiera dell’optofarmacologia punta a sviluppare nuove terapie, nelle quali il farmaco agisce solo dove serve, con estrema precisione. Utilizzando questa tecnica, il Laboratorio di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) ha aperto un nuovo capitolo negli studi sul dolore cronico, dimostrando come l’azione di alcuni farmaci sperimentali sia diversa in base alla regione cerebrale nella quale vengono attivati.
Lo studio, condotto su modelli animali e pubblicato sulla rivista scientifica E-life, ha preso in esame due diversi farmaci che agiscono sul recettore mGlu5, appartenente alla categoria dei recettori metabotropici del glutammato (elementi cruciali nella trasmissione di segnali tra le cellule del sistema nervoso). Entrambi i farmaci sono sensibili all’azione della luce, ma in modo diverso: uno, definito con la sigla JF-NP-26, è “ingabbiato” all’interno di una struttura molecolare capace di dissolversi quando viene esposta a una determinata frequenza luminosa. In questo modo il farmaco viene liberato e può svolgere la sua azione. Al contrario, l’altra molecola, chiamata alloswitch-1, è invece sempre attiva, ma può essere inattivata dalla luce.
“L’obiettivo principale del nostro lavoro – spiega la dottoressa Serena Notartomaso, ricercatrice del Laboratorio di Neurofarmacologia e primo autore della pubblicazione scientifica – era determinare come i recettori mGlu5 influenzino la percezione del dolore in specifiche regioni del cervello. Grazie a due molecole molto diverse nella loro azione e all’uso di specifici LED inseriti nel cervello dei modelli animali, abbiamo potuto analizzare con precisione l’effetto sui recettori mGlu5 situati in diverse aree cerebrali coinvolte nella modulazione del dolore”.
I risultati sono stati estremamente interessanti, dimostrando che gli effetti antidolorifici dipendono dalla regione cerebrale in cui le molecole vengono attivate o disattivate. In altre parole, lo stesso farmaco può causare analgesia se attivato in una zona del sistema nervoso centrale, ma può aumentare la sensazione di dolore se attivato in un’altra.
“Questi risultati – continua Notartomaso – dimostrano che l’azione dei recettori mGlu5 nel sistema nervoso centrale non è omogenea. È un dato molto interessante perché possiamo pensare a disegnare con precisione le aree cerebrali nelle quale far agire le molecole, oppure quelle in cui il farmaco deve rimanere inattivo”.
“La capacità di modulare l’attività dei recettori mGlu5 in specifiche regioni del cervello – commenta Ferdinando Nicoletti, Professore ordinario di Farmacologia, Università Sapienza, Roma e Responsabile del Laboratorio di Neurofarmacologia del Neuromed – offre un’opportunità unica per sviluppare trattamenti personalizzati e più efficaci per il dolore neuropatico, una condizione che influisce pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti. Saranno naturalmente necessarie ulteriori ricerche prima di arrivare a terapie utilizzabili sui pazienti, ma questo passo in avanti ci porta più vicini alla possibilità, un giorno, di ‘spegnere’ il dolore illuminando una specifica regione cerebrale mediante un dispositivo controllato a bisogno dal paziente”.