È un tema che negli ultimi anni divide parecchio chi ama il calcio. Anzi, più esattamente negli ultimi decenni, perché tanto tempo fa il problema non si poneva. Se si segnava alla ex squadra si esultava e basta, in nome del professionismo e del rispetto dei tifosi della squadra del momento. Non c’erano retropensieri. Negli ultimi anni invece, subito dopo aver fatto gol al proprio passato, molti giocatori sentono un bisogno di integrità che non ha riscontri in altri ambiti.
Torniamo indieto nel tempo. Se pensassimo che Roberto Boninsegna non amasse l’Inter, allora saremmo pazzi. Bonimba era nerazzurro “dentro” ma quando nel 1977 indossò la maglia della Juventus non esitò a farne due a Ivano Bordon. Ed esultò alla grande, perché era un professionista e perché quelle reti spianarono la strada alla Vecchia Signora in direzione scudetto. Nessun tifoso dell’Inter se n’ebbe a male perché tutti riconobbero all’ex beniamino la lealtà di chi stava facendo il proprio lavoro in maniera seria. Solo, vestendo un’altra maglia. Erano altri tempi, dirà qualcuno. Vero fino a un certo punto ma, se preso per vero, allora erano tempi meno ipocriti, meno perbenisti.
Esultare è l’essenza del gol
I calciatori sono stipendiati per fare la cosa che meglio sanno fare. Il problema dell’esultanza dell’ex precede di parecchi anni l’avvento di Facebook, Instagram e via andare. All’improvviso si è avvertito uno strano timore: il tifoso dell’ex squadra può sentirsi offeso, provocato. Nell’atto di segnare l’autore della rete può suonare polemico, o peggio ancora, ingrato. O irriverente. Dunque, dopo aver “castigato” la vecchia squadra, sono quasi d’obbligo una faccia scura, la postura quasi bloccata, le mani alzate in segno di resa, come a chiedere scusa per l’inevitabile. A fronte di qualcun altro che ha almeno avuto la baldanza/sincerità di seguire l’istinto e di abbandonarsi a una gioia pienamente legittima.
Perché, se è vero che va rispettato l’ex tifoso, figuriamoci quanto vada rispettato il tifoso della propria squadra. Quello che stravede per la maglia che l’autore della rete indossa nel momento del “gol imbronciato”.
Tutto questo per comprendere il gesto di Murano di ieri sera al Curcio. Non è l’esultanza in sé che va condannata, anzi. Giusto esultare in quanto l’essenza stessa del gol è nell’esultanza, quanto nella mancanza di rispetto verso la tifoseria irpina che, nel bene o nel male, lo hanno accolto e criticato, ma sempre nel rispetto dei ruoli. Un professionista non può permettersi certi gesti, il sassolino dalla scarpa è stato già tolto in settimana sulle colonne di un quotidiano locale, inutile infierire con quel gesto.