La due giorni promossa a Napoli dall’eurodeputato Pd Sandro Ruotolo segna il punto di non ritorno. Cala il sipario sul deluchismo, il modello è quello di Manfredi e il nome più quotato per Santa Lucia resta quello dell’ex Presidente della Camera che attende solo l’ok dal Movimento. Per Schelin la priorità è tenere unito il partito. Il congresso regionale è la chiave
“Il Sud in Europa”, questo il titolo della due giorni promossa dall’eurodeputato del Partito Democratico Sandro Ruotolo, nella splendida cornice di Palazzo Caracciolo a Napoli. Ma in realtà, come prevedibile, più che di Sud e di Europa l’iniziativa è servita per chiudere definitivamente ogni spazio alla possibile ricandidatura del governatore De Luca. Nessuno è eterno, aveva tuonato Elly Schlein giovedì sera, dagli studi di Pizza Pulita, preparando di fatto il terreno a quella che è stata una vera e propria dichiarazione di guerra al governatore. Presenti tutti i principali riferimenti campani del Nazareno, da Marco Sarracino a Toni Ricciardi, ex deluchiani di peso come Stefano Graziano, quindi lo stato maggiore di Alleanza Verdi e Sinistra e molti pezzi da novanta del Movimento Cinque Stelle a partire dall’ex Presidente della Camera Roberto Fico, primo indiziato per la corsa a Palazzo Santa Lucia, ferma restando la necessità di attendere il nuovo statuto del Movimento che dovrebbe rimuovere il limite dei due turni elettivi: «In questo momento non posso candidarmi – ha affermato – se poi le cose cambieranno vedremo». Il punto è che nella testa del Nazareno la Campania va concessa agli alleati, nell’ambito di un accordo complessivo in vista delle regionali. Se il candidato non può essere del Pd evidentemente non può essere De Luca. Persino a prescindere da ogni considerazione di merito sul suo operato, persino a prescindere dalla guerra al partito dei cacicchi, al sistema di potere dello sceriffo travolto dagli scandali. Quelli richiamati proprio da Ruotolo, che prima ha ringraziando le 114mila nullità che alle europee hanno scritto il suo nome sulla scheda – una evidente risposta agli attacchi del governatore che lo aveva accusato di non avere un voto – per poi alzare il tiro: «Noi ci siamo per cambiare la sinistra e costruire il fronte progressista . facendo i conti con un convitato di pietra, la mafia e la corruzione. Ovvero l’uso privato del potere». Il modello è quello rappresentato da Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli sostenuto da un campo larghissimo, che si è detto indisponibile per Palazzo Santa Lucia e che nel giro di poche settimane dovrebbe essere eletto alla guida dell’Anci nazionale. Stavolta il sindaco non si è limitato ad evocare il dovere dell’unità ma è andato oltre, ponendo l’accento sulla sanità, richiamando implicitamente il disastro campano fotografato da tutti i report, non ultimo quello di Fondazione Gimbe: «In Campania – ha detto – bisogna partire dall’alleanza che c’è. Non possiamo dividerci, bisogna lavorare insieme con una proposta politica, quella che ha funzionato a Napoli, e guardi la realtà con gli occhi della verità: alcune cose sono andate bene, altre male. Inutile che diciamo che va tutto bene o tutto male, perché non è vero». Parlare di ultimatum sarebbe riduttivo. Perché in realtà la partita, per il Nazareno, è già chiusa. De Luca è già il passato. E se non c’è dubbio che venderà cara la pelle ora la priorità è tenere unito il partito, convincere in primo luogo i consiglieri regionali. Il congresso regionale è la chiave.