Negli ultimi due anni i sistemi sanitari regionali hanno accumulato un deficit complessivo di 670 milioni passando dagli 800 milioni del 2020 al miliardo e 470 milioni del 2022.
È la fotografia sulla sanità italiana scattata dalla Corte dei Conti che consegna una realtà in forte sofferenza anche in realtà territoriali considerate esempi virtuosi e modelli da seguire. Ma andiamo per ordine.
Quindici sono le regioni con i conti in rosso: a sorpresa, come dicevamo, spiccano i deficit delle province autonome di Trento e Bolzano: i peggiori in assoluto rispettivamente con meno 243 e meno 297 milioni di euro. Tra le regioni con i bilanci in attivo, sei in tutto, c’è invece la Campania che insieme a Lombardia, Veneto, Umbria, Marche e Calabria compone lo scarno elenco virtuoso di chi ha quadrare i conti.
Bene i bilanci, meno per i livelli essenziale di assistenza. La Campania è infatti tra le 7 regioni italiane inadempienti, anche se è in buona e insospettabile compagnia di regioni, ancora richiamate come modelli, come Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano. I Lea, va ricordato, attribuiscono un punteggio da zero a cento su tre riferimenti: prevenzione collettiva e sanità pubblica; assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Superano l’esame se raggiungono almeno sessanta punti in tutte e tre le aree. La Campania si avvicina alla soglia ma non la raggiunge. Il gap da colmare sui Lea fa riferimento soprattutto alla medicina territoriale, che costituisce l’antico tallone d’Achille della sanità campana e meridionale. Case e ospedali di comunità, finanziate dal Pnrr, risultano dunque fondamentali, ma non sono ancora partite.