Nella nostra regione, come in Calabria, si registra il tasso di occupazione più basso di tutta l’Unione Europea. Lo certifica l’ultimo rapporto Eurostat basato sui dati 2023. In entrambe le regioni solo il 48,4 per cento della popolazione attiva, tra i 20 e i 64 anni d’età – risulta occupato, mentre in Sicilia si sale di poco, sino al 48,7%. Dati devastanti se si considera che la media europea si attesta al 75,3%, 27 punti in più
In Campania e in Calabria si registra il tasso di occupazione più basso di tutta l’Unione Europea. Lo certifica l’ultimo rapporto Eurostat basato sui dati 2023. In entrambe le regioni solo il 48,4 per cento della popolazione attiva, tra i 20 e i 64 anni d’età – risulta occupato, mentre in Sicilia si sale di poco, sino al 48,7%. Dati devastanti se si considera che la media europea si attesta al 75,3%, 27 punti in più. L’Eurostat considera il tasso di occupazione come la percentuale rispetto alla popolazione totale comparabile di persone occupate, intese come persone che hanno lavorato almeno un’ora retribuita, ma anche le persone in congedo di malattia o maternità e tutte quelle che, seppur non avendo lavorato durante il periodo di riferimento hanno ancora contatti con il loro lavoro. Ovviamente l’indagine di Eurostat non tiene conto di tutto il lavoro sommerso che purtroppo, in Campania come nel resto del Mezzogiorno, continua ad essere estremamente diffuso. Per rendere l’idea della drammaticità dei dati riscontrati nella nostra regione basta considerare che analoghe percentuali sono riscontrabili solo in alcune aree sudorientali della Turchia, Paese che non è membro dell’Unione Europea. Meglio di noi fa l’Andalusia, regione spagnola notoriamente in ritardo rispetto al resto del Paese, la Bosnia, e i dipartimenti francesi d’oltre oceano come la Martinica e Guadalupe che per decenni si sono piazzati in coda alla classifica. Questi territori, evidentemente, hanno saputo invertire la rotta, utilizzando al meglio i fondi strutturali che invece, nel Mezzogiorno d’Italia, a partire dalla Campania, sono stati utilizzati sistematicamente come fondi sostitutivi in ragione dei continui tagli alle risorse nazionali. Insomma, fiumi di danari utilizzati per l’ordinario e non per creare condizioni strutturali di sviluppo e occupazione.